Come funziona l’intestino

Trattiamo bene il nostro intestino perché come scopriremo nelle prossime righe è un organo pieno di sensibilità e di vita…


L’Intestino Felice di Giulia Enders è un libro (ed ebook ) uscito da un anno che è stato da poco tradotto in 30 lingue ed ha già venduto 1 milione di copie in Germania.


Ciao, sono Marco Venturi e aiuto le persone nello sviluppo personale in tempi brevi con articoli, podcast, ebook, audio e video. Evitando quindi anni di tentativi fallimentari e rinunce nell’essere più sani, efficaci e liberi (sopratutto da se stessi) con il metodo delle mappe mentali.


Oggi propongo un divertente ma interessante paragrafo del libro di Giulia Enders per due motivi principali:

  • 1 Presentare un nuovo e geniale libro sulla salute e su questo organo così utile ma sottovalutato…
  • 2 Dare una conferma di come una passione possa trasformarsi in un grande successo

Sinossi di L’intestino felice.

Giulia Enders

L’intestino è un organo con grande sensibilità e responsabilità, trattandolo bene, lui ci ricambia mantenendo in vita il nostro corpo ed allenando il nostro sistema immunitario…direi non poco.


Ha un sistema nervoso autonomo che è secondo solo al cervello e controlla le allergie, le sempre maggiori intolleranze alimentari, il peso e quindi perché ingrassiamo ed anche la sfera emotiva..stitichezza spesso equivale a ritenzione emotiva.


Il libro è un divertente ed istruttivo viaggio nel sistema digestivo che ci informa di tutto quello che la ricerca medica può darci per mantenere l’ntestino in salute e quindi migliorarci la vita…direi interessante..

Leggiamo un intero capitolo del libro?..


1. Come funziona la cacca? … e perché vale la pena domandarselo

Un giorno il mio coinquilino è entrato in cucina e mi ha chiesto: «Giulia, tu che studi medicina, mi spieghi come funziona la cacca?» Questa frase non sarebbe certo l’incipit ideale per le mie memorie, ma ha cambiato un bel po’ di cose nella mia vita. Sono andata in camera mia, mi sono seduta a terra e ho sfogliato tre libri diversi.


Quando ho trovato la risposta, sono rimasta a bocca aperta. Un’attività così abituale si è rivelata molto più sofisticata e straordinaria di quel che avessi mai immaginato. Le nostre sedute al gabinetto sono prestazioni magistrali: due sistemi nervosi collaborano coscienziosamente per smaltire i nostri rifiuti con la massima igiene e discrezione.


Nessun altro animale compie questa attività in modo altrettanto ordinato ed esemplare.

A tale scopo il nostro corpo ha sviluppato ogni genere di trucchi e stratagemmi, a cominciare dai meccanismi di chiusura. Di solito si conosce solo lo sfintere esterno, che possiamo aprire e chiudere intenzionalmente. Pochi centimetri più in là esiste uno sfintere molto simile, che però non siamo in grado di controllare in modo consapevole.


Questi due muscoli di contenzione agiscono nell’interesse di due sistemi nervosi diversi.

Quello esterno è un collaboratore fidato della nostra coscienza. Quando il cervello decide che non è il momento di andare al gabinetto, lo sfintere esterno ascolta la coscienza e si stringe il più possibile. Lo sfintere interno è il rap- presentante del mondo interno inconsapevole. A lui non interessa se alla zia Berta piacciano o meno i peti. A lui sta a cuore solo il nostro benessere interno.


Ci scappa una puzzetta? Lo sfintere interno vuole allontanare dal corpo tutto quel che ci crea disagio. Se fosse per lui, anche la zia Berta potrebbe scoreggiare più spesso. L’importante è che la vita interna sia gradevole e che non si abbiano fastidi.Questi due sfinteri devono collaborare. Quando i resti della nostra digestione arrivano allo sfintere interno, questo si apre automaticamente.


Poi, però, non passa subito tutto il carico al collega esterno, bensì solo un campione di prova. Nello spazio fra gli sfinteri interno ed esterno ci sono molte cellule sensoriali. Queste analizzano il prodotto, per vedere se è solido o gassoso, e inviano le informazioni al cervello, che in quel momento pensa: «Devo andare al gabinetto!… o forse è solo un peto».


Allora, con la sua “coscienza consapevole”, fa una cosa che gli riesce particolarmente bene: ci induce a sintonizzarci con l’ambiente circostante. Raccoglie dunque informazioni provenienti dagli occhi e dagli orecchi e consulta il proprio patrimonio di esperienze.


In pochi secondi elabora una prima valutazione, che trasmette di nuovo allo sfintere esterno: «Ho guardato, siamo nel salotto di zia Berta: magari una scoreggina potrebbe anche andare, se la fai uscire pianissimo. Roba solida meglio di no.»


Lo sfintere esterno capisce e, lealmente, si stringe ancora più di prima. Questo segnale viene colto anche dallo sfintere interno, che stavolta rispetta la decisione del collega.

I due si alleano e spingono il campione di prova in un’ansa che fa da sala d’attesa. Prima o poi dovrà uscire, ma non qui e non adesso. Un po’ di tempo dopo, lo sfintere interno tenterà nuovamente di mandare un campione di prova. A quel punto, però, saremo seduti comodamente sul divano di casa nostra: via libera!


Il nostro sfintere interno è un tipetto ordinato. Il suo motto è: quel che deve uscire, deve uscire. E in questo non c’è molto da interpretare. Lo sfintere esterno si deve sempre occupare del complicato mondo esterno. Potrei usare o no, in teoria, un gabinetto sconosciuto? Ci conosciamo abbastanza bene da scoreggiare in presenza reciproca o tocca a me rompere il ghiaccio? Se non vado adesso in bagno, dovrò aspettare fino a stasera, e nel corso della giornata potrei avere dei fastidi!


I pensieri degli sfinteri non sembreranno forse degni di un premio Nobel, eppure sono fondamentali per ogni essere umano. Quanta importanza diamo al nostro mondo interno e a quali compromessi scendiamo per adattarci a quello esterno?


C’è chi reprime a ogni costo il peto più fastidioso finché non torna a casa con il mal di pancia, e chi a una festa in famiglia dice alla nonna di tirargli il mignolo per annunciare ad alta voce il suo peto, come se fosse un divertente gioco di prestigio.


Forse, a lungo termine, il miglior compromesso sta in una via di mezzo fra i due estremi.
Se per molte volte consecutive ci tratteniamo dall’andare al gabinetto pur avendone bisogno, intimidiamo lo sfintere interno. Così facendo, rischiamo persino di fargli cambiare abitudini. Lui e la muscolatura circostante sono stati repressi così spesso dallo sfintere esterno da sentirsi scoraggiati.


Quando la comunicazione fra i due muscoli di contenzione si raffredda, possono verificarsi addirittura degli ingorghi.
La stessa cosa può succedere anche quando lo stimolo dell’evacuazione non viene represso, per esempio alle partorienti. Durante la fase espulsiva del bambino è infatti possibile che si rom- pano le sottili fibre nervose attraverso cui gli sfinteri normalmente comunicano.


La buona notizia è che anche i nervi possono ricrescere. Da qualsiasi cosa siano stati causati i danni, esiste una terapia di biofeedback grazie alla quale gli sfinteri, dopo un periodo di disaccordo, tornano in sintonia.

Questo trattamento viene praticato nei migliori reparti di gastroenterologia. Una macchina misura l’efficienza della collaborazione fra i due sfinteri. Se è buona, si sente un segnale acustico o si accende una luce verde.


È una specie di quiz televisivo, dove il palco si illumina e risuona tutte le volte che viene data una risposta esatta, anche se non si fa in televisione, bensì nello studio di un medico e con un elettrodo sensoriale nel sedere. Ne vale la pena: quando l’armonia fra il dentro e il fuori viene ripristinata, si va molto più volentieri al gabinetto.


Sfinteri, cellule sensoriali, coscienza e quiz con elettrodi nel sedere: il mio coinquilino non si sarebbe aspettato una risposta così piena di complicati dettagli. E neppure il gruppo di educate studentesse di economia aziendale che nel frattempo si era radunato nella nostra cucina per una festa di compleanno.


Alla fine però ci siamo divertiti e io ho capito che, fondamentalmente, l’argomento “intestino” interessa a molte persone.

È vero che tutti ci sediamo nel modo sbagliato sul water? Come si fa a ruttare più facilmente? Perché noi possiamo ricavare energia da bistecche, mele o patate arrosto, mentre le automobili tollerano solo certi tipi di benzina? A che cosa serve l’intestino tenue e perché le feci hanno sempre lo stesso colore?


Nel frattempo, i miei coinquilini hanno imparato a riconoscere immediatamente l’espressione che ho in faccia quando corro in cucina e devo per forza raccontare l’ultimo aneddoto sull’intestino: per esempio, quello sui mini gabinetti alla turca e sulla cacca luminosa.
Mi siedo correttamente sul water?


Di tanto in tanto è consigliabile mettere in discussione le proprie abitudini. Faccio davvero la strada più bella e più breve per raggiungere la fermata dell’autobus? Ho scelto un’acconciatura adeguata e alla moda per coprire la pelata? O appunto: mi siedo correttamente sul water?


Non sempre troviamo risposte precise ai nostri quesiti, ma la sperimentazione su se stessi porta già una ventata di aria fresca. Probabilmente, ne era convinto anche Dov Sikirov.


Questo medico israeliano ha condotto uno studio su un campione di 28 persone, chiedendo loro di espletare le funzioni quotidiane in tre posizioni diverse: sedute su un normale water come su un trono, “rannicchiate” scomodamente su un gabinetto molto piccolo o accovacciate come se fossero all’aria aperta.


Poi ha fermato il cronometro e ha distribuito un questionario. Il risultato è stato inequivocabile: da accovacciati i partecipanti hanno impiegato circa cinquanta secondi e hanno dichiarato di sentirsi svuotati completamente.


Da seduti ci hanno messo in media centotrenta secondi e il risultato non è stato del tutto soddisfacente. (Ciononostante, i gabinetti minuscoli sono sempre molto carini da vedere, a prescindere da quel che ci si fa.)


Perché? Perché l’apparato sfinterico non è progettato per aprirsi del tutto quando siamo seduti. Esiste un muscolo che in posizione seduta, o anche eretta, stringe l’intestino come un laccio e lo tira da una parte a creare una strozzatura. Questo meccanismo è, per così dire, un servizio aggiuntivo a quello svolto dagli sfinteri. Un sistema di chiusura simile lo ritroviamo anche nelle pompe da giardino.


Per esempio, si chiede alla propria sorella come mai la pompa non funziona. Appena lei va a vedere il beccuccio, si lascia andare in fretta la strozzatura e si aspetta ancora qualche minuto, trascorso il quale si viene puniti con gli arresti domiciliari.


Torniamo alla strozzatura in fondo all’intestino: le feci arrivano a una curva. Come se fossero in presenza di un’uscita autostradale, rallentano.

In tal modo gli sfinteri, quando siamo in piedi o seduti, fanno meno fatica a svolgere il loro compito di contenzione. Se il muscolo lascia andare l’intestino, la strozzatura scompare. L’autostrada è dritta e possiamo dare tranquillamente gas.


La posizione accovacciata è sin dalla preistoria la più naturale: il water moderno esiste solo dal tardo XVIII secolo, quando trovò posto all’interno delle abitazioni.

Tuttavia, il ricorso all’autorità degli uomini delle caverne viene accolto con una certa diffidenza dagli studiosi di medicina. Chi l’ha detto che la posizione accovacciata fa rilassare il muscolo in questione permettendo al canale intestinale di raddrizzarsi?


Alcuni ricercatori giapponesi hanno somministrato a un gruppo di volontari sostanze luminose, per poi sottoporli a radiografia mentre defecavano in posizioni diverse. Risultato numero uno: è vero, quando siamo accovacciati il canale intestinale si raddrizza bene e fila tutto liscio.

Risultato numero due: per amore della scienza, esistono persone molto disponibili che si lasciano somministrare sostanze luminose per poi sottoporsi a radiografia mentre fanno la cacca. Due cose abbastanza degne di nota, secondo me.


Le emorroidi e malattie intestinali come la diverticolite o anche la stipsi esistono quasi solo nei paesi dove si evacua seduti su una specie di sedia. Una delle cause, soprattutto se si parla di individui giovani, non è la rilassatezza dei tessuti, bensì l’eccessiva pressione sull’intestino.


C’è chi, in periodi particolarmente stressanti della vita, contrae di continuo la pancia e spesso non se ne accorge nemmeno.

Le emorroidi evitano la pressione interna penzolando liberamente fuori dal sedere. Nel caso dei diverticoli, sono i tessuti all’interno dell’intestino a spingersi fuori; ecco che allora si formano minuscoli rigonfiamenti a forma di lampadina sulle pareti dell’intestino.


Il nostro modo di sederci sul water non è certamente l’unica causa dell’insorgenza di emorroidi e diverticoli. D’altra parte, bisogna anche dire che 1,2 miliardi di persone che si scaricano in posizione accovacciata non hanno diverticoli e soffrono molto meno di emorroidi.

Noi, invece, spingiamo fuori i tessuti dal sedere e poi ce li facciamo togliere dal dottore; tutto perché è più elegante sedere sul trono, piuttosto che accovacciarsi come dei cretini?


Gli studiosi di medicina danno tra l’altro per scontato che l’abitudine di spingere per defecare aumenti il rischio di vene varicose, ictus e perdita di conoscenza durante la defecazione. Una volta un amico mi mandò un sms mentre si trovava in vacanza in Francia: «I francesi sono fuori di testa: qualcuno ha rubato le tazze del water di tre autogrill!»


Scoppiai a ridere: primo, perché pensavo che dicesse sul serio, secondo, perché poi mi ricordò la volta in cui mi ero bloccata davanti a un gabinetto alla turca francese.

«Perché dovrei accovacciarmi là sopra, quando avreste potuto mettere una bella tazza?» avevo pensato quasi con le lacrime agli occhi, fissando scioccata quella voragine davanti a me. In ampie zone dell’Asia, dell’Africa e dell’Europa del sud, la gente rimane per poco tempo in bagno in posizioni simili a quelle dei lottatori o dei velocisti ai blocchi di partenza.


Noi, invece, restiamo seduti sulla tazza fino alla fine dell’appuntamento e passiamo il tempo leggendo giornali, piegando la carta igienica, individuando angoli da pulire del bagno o fissando pazienti la parete di fronte.


Quando ho letto questo testo ai miei famigliari nel salotto di casa, ho notato i loro volti infastiditi. Allora adesso dobbiamo salire tutti sulla tazza e accucciarci a fare la cacca in una posizione instabile e vacillante a cui non siamo abituati? La risposta è: no. Sia che abbiamo le emorroidi o meno! Anche se sarebbe divertente mettersi sul sedile e fare tutto da là sopra.


Ci si può accovacciare anche da seduti. Ne vale soprattutto la pena se non si stanno facendo molti progressi: si inclina il busto leggermente in avanti, si appoggiano i piedi su uno sgabello e voilà: se troviamo la giusta angolazione, possiamo anche leggere, giocherellare e fissare la parete con la coscienza pulita.


edito da Sonzogno Editori

Su Amazon in formato ebook


2 Considerazioni finali sul successo del libro di Giulia Enders

  • Giulia ha trasformato la propria passione per la scienza in una ricerca approfondita sull’intestino
  • Ha scritto un libro con un linguaggio semplice, divertente ed accessibile a chiunque
  • Su di un tema di interesse pubblico, d’altronde si parla di salute..
  • Si è fatta aiutare dalla sorella nei disegni e dalla direzione del corso di medicina per i testi
  • Ha trovato l’editore che ha creduto e pubblicizzato il progetto….


Il resto è venuto da solo e posso capire l’interesse che si è sviluppato su questo metodo pratico/informativo al punto di tradurlo in 30 lingue, ci sarebbe mai venuta l’idea di parlare dell’intestino?…questa è creatività vera.


Se vuoi conoscere qualche “trucco” da l’intestino felice lo trovi Qui e Qui puoi leggerne una parte su google libri

Ps: Lascia la tua idea a proposito nel box sottostante o condividi con chi credi sia un po stitico…di informazioni..:-)


Stammi al Meglio Ciao Marco

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Chi Sono

Sono Marco Venturi. Docente, ricercatore e imprenditore online.


Su www.latuamappa.com condivido idee e mappe mentali per imparare e ricordare, essere più efficaci, sereni e liberi (sopratutto da se stessi :)